La follia della normalità
Che cosa può significare uccidere i propri figli per sottrarli alla moglie? Che cosa stiamo diventando noi uomini? Cosa c’è alla base di questa violenza che stiamo esercitando sulle donne, se non un complesso di inferiorità mai risolto, che ci porta a rifiutare una parità di genere.
Abbiamo mantenuto il polso della situazione per millenni, relegando le donne ad un ruolo secondario, grazie alla nostra forza fisica, non certo all’intelletto. Le abbiamo rese funzionali ai nostri desideri e alle nostre necessità, ben sapendo che se avessimo minimamente mollato la presa, loro avrebbero preso il sopravvento, perché decisamente più scaltre. Ma adesso abbiamo esagerato. Incapaci di accettarle al nostro livello, ci siamo arresi e le annulliamo con violenze psichiche, fisiche, fino ad ucciderle.
Non sono esperto di psicologia, né di sociologia, ma mi pare chiaro che questa società vada ricostruita partendo dai suoi valori fondamentali. Gli anni ’60, per citarne solo di recenti, hanno offerto all’umanità, una opportunità straordinaria, portando alla ribalta personaggi come J.F. Kennedy, Martin L. King e tanti sociologi, (discutibili per altri versi), che hanno innescato una nuova mentalità, contribuendo ad abbattere le barriere di colore, censo, religione, che fino ad allora avevano imbrigliato la società. Questi movimenti oceanici hanno avuto un effetto domino, su tanti altri comportamenti di prevaricazione dell’uomo sulla donna, aprendo gli occhi verso una mentalità “open space”; ma non tutti avevano la maturità per coglierne i limiti, interpretando le nuove acquisizioni sociali e comportamentali, a senso unico; pareva che tutto fosse dovuto e possibile, come il voto 27 politico all’Università e il lavoro per tutti, reclamato come un diritto inalienabile e non come un corretto rapporto tra datore di lavoro e dipendente. Si è costituita una generazione alla quale non è stato trasmesso il senso di responsabilità e il valore del dovere che dovrebbero guidare una comunità sana, ma un atteggiamento di pretesa che la società civile gli scodellasse la minestra nel piatto.
Siamo tutti responsabili. Ci siamo adagiati su comode lenzuola, aspettando che altri risolvessero i nostri problemi, ma questo ci ha impedito di crescere, di maturare, di migliorarci. Tutti abbiamo la nostra quota di responsabilità, anche le donne in quanto mamme, che hanno allevato il figlio maschio in maniera diversa rispetto alla figlia femmina, proteggendolo di più, giustificandolo di più, non insegnando, lei donna, il rispetto che ad ogni donna è dovuto, in quanto essere umano non subordinato.
Questa società ha prodotto un uomo fragile che raggiunge la propria identità maschile, sottomettendo gli esseri più deboli con coercizioni o umiliazioni, non solo nei confronti delle donne, ma anche di altri uomini. Il senso di frustrazione di non sentirsi “abbastanza uomo”, è alla base di questo atteggiamento. Siamo diventati poca cosa.
Impegniamoci a rifondare questa società. Riapriamo gli oratori, i circoli, i centri culturali e sportivi dove i ragazzi possano crescere gomito a gomito con realtà diverse dalla loro, dove imparino a rispettare le regole del gioco e a formarsi un carattere. Istituiamo una scuola in cui si insegni seriamente educazione civica, ma anche musica e storia dell’arte per tutti. Siamo Italiani e siamo immersi nell’arte senza nemmeno accorgercene. Insegniamo in famiglia l’educazione, il rispetto, la gentilezza, la cortesia, la solidarietà, l’importanza della cultura. Sono i valori fondanti di una società sana.
La strada da percorrere è lunga, ci vorranno almeno due generazioni per cambiare atteggiamento, ma ne varrà la pena. Cominciamo oggi.