SANITÀ
La sanità italiana è sempre stata di buon livello, con una distribuzione qualitativa a macchia di leopardo, ma con centri di eccellenza notevoli, capaci di accogliere anche pazienti di altre regioni; ma sopratutto di accogliere tutti senza fare distinzioni di censo, religione, colore politico e di pelle.
Ma noi italiani, che siamo maestri nel trovare pecche anche tra le nostre virtù, e sappiamo esaltare le capacità straniere e subirne anche la derisione sentendoci in difetto, dobbiamo ammettere, nostro malgrado, che la gestione Covid, ci sta dando ragione, e impone gli stranieri a guardarci con ammirazione e (sicuramente) invidia. Certo, non è stata indolore la fase di contenimento, anche per l’atavica indisciplina degli italiani, ma siamo riusciti ad invertire la tendenza alla diffusione del contagio e ora si contano pochi casi e limitati a qualche focolaio. Abbiamo capito quali riflessi può avere sul nostro organismo, stare in casa, non frequentare nessuno, avere bambini e anziani in casa per 24 ore, uscire con mascherine e rimanere distanziati. Gli psicologi hanno dovuto affrontare un picco di richieste imprevedibile, riguardante sopratutto quelle persone con assetto psicologico fragile e incapaci ad affrontare la realtà comune con buone dosi di stabilità. Probabilmente, l’effetto sulla psiche, avrà un riflesso lungo e proiettato nel tempo, ma la maggior parte delle persone se l’è cavata con un certo disagio e fastidio dal quale ne verrà fuori riprendendo lentamente i ritmi consueti.
Ma che cosa abbiamo fatto rispetto ad altri popoli per trovarci momentaneamente in una posizione di privilegio?
Devo ammettere che una fase di destabilizzazione l’abbiamo affrontata, quando ci siamo genuflessi davanti al dio ” audience” e abbiamo invitato in televisione nani, ballerine, saltimbanchi, poeti, critici d’arte e filosofi, a parlare di Covid. Ecco, in quella fase abbiamo capito che il virus più pericoloso è l’imbecillità e abbiamo alzato un muro contro negazionisti e narcisisti. Vero è che dalla comunità scientifica, non arrivavano sempre notizie concordanti, ma si è ampiamente capito che che si avanzava a tentoni e al buio, di fronte ad un virus imprevedibile, applicando quindi, conoscenze di base e buon senso.
Ora, in d’Europa e nel resto del mondo, si nota un’ incapacità di affrontare con il dovuto rigore, la pandemia, i focolai aumentano pericolosamente e potrebbero essercene di ritorno anche in Italia, attraverso la riapertura delle frontiere, per cui, bene ha fatto il governo a procrastinare lo stato di emergenza fino ad ottobre. Pare certo che, entro l’anno, sarà disponibile un vaccino e tireremo un sospiro di sollievo. Fino ad allora, guardia sempre alta e mai sottovalutare i rischi.
Il solito stellone, o fattore C come qualcuno ama chiamarlo, ci ha salvati? Nemmeno per sogno. E’ l’ennesima dimostrazione che quando siamo chiamati ad un atto di responsabilità, riusciamo a sentirci un popolo, una nazione coesa. Ma ciò non sarebbe bastato se non avessimo avuto un sistema sanitario tra i più preparati al mondo.
Per me, l’aver evitato una catastrofe di dimensioni epocali, accettando turni di lavoro senza riposo, devolvendo tutte le energie residue al salvataggio del maggior numero di pazienti, incuranti della fatica, spesso lavorando con tute da astronauta (con pannoloni all’interno per evitare di andare in bagno), amareggiandosi sinceramente per la perdita di qualcuno, vale il Nobel per la Medicina ad un sistema sanitario capace di affrontare a viso aperto una emergenza mondiale non con eroi, come è stato spesso detto, ma con persone normali, dotate di 2 attributi: cuore e cervello.